11.4.17

CON IL DASPO MINNITI CONSENTE AI SINDACI DI ESSERE ANCHE QUESTORI



E’ del 16 marzo, il decreto del ministro dell’interno Minniti sulla sicurezza urbana di “straordinaria necessità e urgenza”, approvato dalla Camera in prima lettura e che inseguendo a larghi passi le orme del predecessore Maroni, col pretesto legalitario “della sicurezza e del decoro urbano”, consente ai sindaci di usufruire di poteri di ordinanza non dissimili a quelli dei questori, rendendo lecite misure speciali da stato di polizia affinché lontane alla vista, rimangano la povertà, l’immigrazione, le marginalità tutte. Il decreto, che aveva ricevuto il placet dal Consiglio dei ministri del governo Renzi-Gentiloni il 10 febbraio scorso, unitamente a quello del ministro della Giustizia Orlando volto ad una restrizione nella richiesta asilo dei migranti, facilitandone le espulsioni, è arrivato al Senato affinché si confermasse in legge (ad oggi le richieste di asilo prevedono un sistema diviso in tre gradi di giudizio, così come per tutte le altre procedure presenti nel nostro sistema , che includono i processi penali come i ricorsi amministrativi. Al primo grado afferiscono una serie di commissioni territoriali a cui il migrante si rivolge per la prima richiesta di asilo politico. Qualora la domanda venisse respinta, i migranti possono fare ricorso al tribunale ordinario e solo in seguito ad un altro rifiuto, rivolgersi alla Corte d’appello. Si pensi che il ministro Orlando ha reso noto che soltanto nei primi cinque mesi del 2016, le richieste di appello sono state 15 mila. Ma ciò che conta pare proprio sia l’espulsione: perché le procedure siano più agili, il decreto ha eliminato il “terzo grado di giudizio” per i migranti, non consentendo più loro la possibilità di fare ricorso alla Corte d’appello. È stata in questo modo anche scarnificata la procedura di “secondo grado” in modo tale che durante il ricorso al tribunale, il giudice possa prendere la propria decisione senza parlare con il richiedente, facendosi un’idea semplicemente guardando la videoregistrazione dell’udienza nella commissione). 

Il provvedimento ha totalizzato 230 voti a favore, praticamente quelli del PD, il nuovo gruppo parlamentare - con i fuoriusciti guidati da Bersani e Speranza che non hanno fatto una piega verso la maggioranza di governo - . E’ dunque verosimile pensare che potrebbero restituire la cortesia anche in Senato dove la maggioranza si ritroverebbe i voti del gruppo e di Verdini (da plurinquisito ora anche condannato). I voti che si sono espressi contrari sono stati quelli di SI-SEL, con i no degli ex SEL di Mdp. Astensione invece da parte del Movimento 5 Stelle, che in tal modo ha reso evidente il non voler porsi come voce critica. Mentre l’opposizione della destra: Forza Italia, Lega, FdI alla Camera, in realtà esprime misure ancor più legalitarie nella costruzione della figura di sindaco-sceriffo, dando carta bianca alle forze dell'ordine ed è evidente che eviterà di bocciare al Senato, un decreto che incarna esattamente tutte le intenzionalità espresse. 

 E infatti Salvini ha salutato piuttosto favorevolmente il decreto di Minniti in Commissione Affari costituzionali e non solo: per mezzo di un accordo sottobanco tra PD e FI, la maggioranza di governo ha fatto proprio un emendamento di Mara Carfagna riguardo l'articolo 10 del decreto che consente il carcere per la “flagranza di reato differita” - dispositivo repressivo già in uso per gli stadi di calcio e che permette alle forze di polizia di fermare e arrestare persone anche senza aver commesso azioni criminose e unicamente tramite l’identificazione con videoregistrazioni: dunque quale miglior meccanismo repressivo durante i cortei nei confronti dei partecipanti, in particolar modo nelle manifestazioni politiche? 

Abbiamo poi la longa manus del PD-FI-Lega anche nella cancellazione dal testo del decreto, dell'emendamento governativo che stabiliva l’applicazione del codice di identificazione per reparto delle forze dell’ordine impiegate nelle piazze e che pur risuonando di farsa, dato che il codice di identificazione personale del singolo poliziotto non inchioda alle responsabilità penali, per la ragione che vuole queste perseguibili solo a livello individuale, l’immediata eliminazione di tale aggiunta da parte del governo, di fatto allinea il “centro-sinistra” renziano e il “centro-destra” di Belusconi, Salvini e Meloni alla medesima concezione repressiva dell’ ”ordine pubblico”, dando liceità ad ogni tipo controllo da parte della polizia. La propaganda d’altronde, è in grado di legittimarsi senza dover prendere in prestito eccessive didascalie e se lo stesso Minniti, nel dettagliare il proprio provvedimento, non si è fatto scrupolo nel sostenere che in Italia i reati sono diminuiti nel 2016 del 9,4%, ma vi è comunque una maggiore “percezione di insicurezza”, l’equazione è presto data. 

I reati calano del 10% ma a breve si ritorna alle urne ed ecco che per rispondere al giustizialismo forcaiolo la cui realizzazione del crimine non corrisponde al vero, si ricorre e necessariamente al provvedimento di “straordinaria necessità e urgenza”: un provvedimento classista che colpisca possibilmente con accresciuta ignominia i migranti, i mendicanti, coloro rimasti senza un tetto, i venditori abusivi, i tossicodipendenti, i sottoproletari, i piccoli spacciatori ed in definitiva la povertà che oramai si configura crimine e da cui s’arrischierebbe la“percezione di insicurezza”. Questo è dunque Minniti. 

 Il Daspo è il maglio brandito dal sistema borghese per far male. E di questo se ne è avvalso il braccio destro - un tempo - di D’Alema che in quello “urbano”, consegnandolo come strumento ai sindaci, ne alimenta l’ossessione nella“sicurezza” e nel “decoro”, rispondendo con estrema violenza, non solo ai meno abbienti ma preparando anche nuovi meccanismi di repressione verso militanti a cui pretestuosamente poter far carico di tutta una serie di accuse grottesche, quali ad esempio, l’arbitraria fruizione degli spazi pubblici. E’ l’arma che colpisce chiunque voglia esercitare il diritto di manifestare pubblicamente la propria dissidenza: un esempio recente è il fermo di polizia di centinaia di manifestanti diretti alla manifestazione Eurostop a cui è toccato il Daspo che li ha rimandati indietro col foglio di via obbligatorio. 

Inoltre tale dispositivo, consente al questore di estendere il divieto nella frequentazione di determinati luoghi pubblici (e non è un giudice a stabilirlo ma l’autorità di pubblica sicurezza) alle persone che presentano condanne che risalgono agli ultimi tre anni - anche con sentenza non definitiva - per spaccio (e qui la materia giuridica si fa incandescente, infatti è grazie alla Fini-Giovanardi, giudicata per di più incostituzionale, che è possibile includervi in tale conta anche i semplici consumatori di sostanze). 

 E non deve certo stupire che tra i “garantisti” più accorati vi siano buona parte dei rappresentati del partito-nazione, proprio coloro che più di tutti invocano il principio di innocenza fino al terzo grado di giudizio (esemplare è la supplica di Minzolini a cui è accorso in soccorso il PD) per i reati finanziari e non per le marginalità sociali. Dunque il sindaco di Firenze che è tra i più entusiasti del decreto Minniti, il renzianissimo Dario Nardella, lo “sgomberatore” compulsivo, l’alfiere del decreto ingiuntivo, lo strenuo “garantista” nei confronti di Renzi ed entourage, ha al proprio attivo uno dei primi “Daspo urbani”, seguito da Sala a Milano nel numero di due e dal sindaco leghista di Gallarate, Cassani, con ben 9 sanzioni e 7 Daspo in neanche un mese. Alcuna demarcazione o differenza è possibile ovviamente tracciare tra sindaci di “centro-sinistra” e “centro-destra” nel capitalizzare questa legge, Maroni da ministro degli Interni s’era dato un bel da fare affinché nascesse la figura del sindaco-sbirro e ora Minniti apre a questa possibilità con il decreto .

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