12.5.17

IL GAMBIA DOPO YAHYA JAMMEH

Sono passati poco più di quattro mesi da quando il Gambia si è liberato definitivamente, dopo ventidue anni, del suo sanguinoso dittatore Yayha Jammeh (salito al potere nel 1996 grazie a un colpo di stato), tramite le elezioni presidenziali che hanno visto trionfare il candidato indipendente Adama Barrow: cinquantaduenne musulmano, socialdemocratico, imprenditore immobiliare con un passato da Bodyguard a Londra, sostenuto da una coalizione guidata dal principale partito d'opposizione, il Partito Democratico Unito, che durante gli anni del regime ha subito una fortissima repressione da parte dello stato, con rapimenti, sparizioni, torture e uccisioni ai danni dei propri militanti, su tutti il leader del partito Ousainou Darboe, arrestato lo scorso Aprile e liberato pochi giorni dopo la vittoria elettorale di Barrow, e il segretario organizzativo del PDU Solo Sandeng, morto in carcere a poche ore dal suo arresto. 
Durante questi quattro mesi si sono susseguiti vari eventi che manco a dirlo hanno avuto come potagonista  l'ormai ex presidente Jammeh, oggi in esilio nella Guinea equatoriale.    
Ma andiamo per gradi.

Lo scorso primo dicembre, dopo anni di mobilitazioni antigovernative da parte dei partiti d'opposizione spinti  dalla rabbia di  una popolazione stremata dalla disoccupazione e dalle  politiche di regime atte ad eliminare  ogni dissesenso e che hanno costretto centinaia di migliaia di giovani ad emigrare verso l'europa, si sono svolte nel paese le elezioni presideziali che hanno rappresetato per il popolo gambiano un' opportunità di cambiamento e di rivalsa nei confronti del dittatore Yahya Jammeh. Dopo una grandissima affluenza alle urne ed un'estenuante attesa per i risultati, a trionfare è Adama Barrow, un imprenditore immobiliare sostenuto da una coalizione di partiti capitanati dal PDU. 

Centinaia di migliaia di persone invadono le strade di Banjul in segno di festa ma con il timore di una possibile reazione di Jammeh, il quale inizialmente stupisce tutti accettando il risultato elettorale. Una settimana dopo il " pazzo di Kinalai " come viene soprannominato Yahyha Jammeh in riferimento al suo luogo di nascita, torna su i suoi passi dichiarando alla Tv nazionale di rifiutare il risultato elettorale facendo schierare carriarmati a Banjul  e prendendo il controllo degli uffici elettorali, costringendo così Adama Barrow a rifugiarsi in Senegal per motivi di sicurezza.                                                                                                                                                          
Il 19 Gennaio su decisione dell'ECOWAS (Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale), settemila uomini appartenenti all'esercito Senegalese, alcune centinaia di unità Ghanesi supportati dalla marina ed aeronautica nigeriana, circondano i confini del paese minacciando un intervento armato nel caso Jammeh non avesse lasciato immediatamente  la carica di presidente.                                                                                                                                 

Nonostante la mancata approvazione rigurado l'intervento militare da parte del Consiglio sicurezza dell'ONU, le truppe dell'ECOWAS decidono comunque di invadere  la nazione trovando una resistenza velleitaria da parte di militari gambiani e mercenari del Casamance pro-Jammeh solo nei pressi di Kinilai; poche ore dopo l'inizio dell'operazione l'esercito senegalese comunica di aver preso ufficialmente il controllo del Gambia. 
Scatta così una trattativa con Jammeh che rifiuta però con decisione di dimettersi dalla carica di presidente, contemporaneamente però  il capo dell'esercito gambiano Ousman Badije, giura fedeltà a Barrow dichiarando di non voler combattare le truppe inviate dell'ECOWAS. Dopo dodici ore di trattative, Yayha Jammeh sentendosi ormai solo e forse per paura di essere catturato dall'esercito senegalese  o ucciso dalla popolazione sempre più inferocita, decide di adbicare annunciandolo con un discorso in diretta sulla Tv di Stato, chiedendo una soluzione pacifica della crisi.                                                                                                                                                                                                          Il 21 Gennaio 2017, Yahya Jammeh si imbarca su un aereo diretto in Guinea dove rimmarra per alcuni giorni prima di  dirigersi infine verso la Guinea equatoriale dove vivrà in esilio per i prossimi anni, accolto dell'altro feroce dittatore, Teodoro Nguema Obiang Mangue. Yahya Jammeh poche ore prima di lasciare il paese sembra abbia prelevato dalle casse dell Stato  circa undici milioni di dollari, pari all'1% del PIL del Gambia, amplificando ulteriormente il sentimento di odio nei suoi confronti da parte della popolazione. Nei vent'anni di regime sembra che Yahya Jammeh abbia accumulato un capitale personale pari a 80 milioni di dollari.
Nonostante la cacciata di Jammeh, l'ECOWAS decide comunque di far rimanere per almeno tre mesi  2.500 uomini di stanza in Gambia, in particolare nella capitale Banjul e nelle zone più sensibili: porti, aeroporti e nei principali punti di accesso al Senegal, per sorvegliare sulla sicurezza interna e permettendo così ad   Adama Barrow di far rientro in Gambia il 26 Gennaio.

IL NUOVO GOVERNO BARROW 

Il nuovo presidente Adama Barrow, una volta rientrato in Gambia, dichiara di voler apportare una serie di riforme che permetteranno al paese di ritornare ad uno scenario democratico, iniziando  dal cambiare il nome ufficiale della nazione da " Repubblica Islamica del Gambia " a " Reppubblica del Gambia ". Sopratutto nel campo dei diritti umani sono state annunciate riforme, infatti  sarà garantita la libertà di stampa, verranno liberati tutti i prigionieri politici incarcerati senza processo dal regime dispotico di Jammeh e risarcite tutte le vittime di soprusi con la promessa di far aderire il Gambia alla Corte penale internazionale dei diritti dell'uomo.
Anche le forze armate e servizi di Intelligence sono stati sconvolti con allontanamenti dal servizio ed arresti: Il Capo di Stato Maggiore della Difesa Ousman Badije è stato allontanto insieme ad altri dieci membri del suo staff, il direttore del sistema carceraio David Colley è stato licenziato ed arrestato insieme ad altri nove uomini sospettati di far parte dello squadrone della morte dei "Jungulars", il direttore generale del NIA ( national itelligence agency) Yakuba Badije è stato licenziato ed arrestato insieme al direttore delle operazioni Sheik Omar Jeng, per violazione dei diritti umani. Indiscrezioni di pochi giorni fa attesterebbero che sull'agenda di Adama Barrow, ci saerebbe in programma una grande "purga" tra le file dell'esercito ( si parla di 2000 uomini) che andrebbe a colpire specialmente i militari di etnia "jolla", che  risulterebbero essere tra i più irriducibili sostenitori di Jammeh; gli stessi che  ancora oggi nella citta di Kiralai, impedirebbero con attacchi armati alle truppe dell'ECOWAS di sequestrare un grosso arsenale di armi nascosto nella casa dell'ex presidente.
 
Questi licenziamenti annunciati  all'interno delle forze armate potrebbero rivelarsi un boomergan per il neo Governo Barrow, perchè un numero così elevato di militari senza più un occupazione finirebbero con molta propabilità per aggravare le tensioni sociali già forti all'interno della nazione,  con il rischio di far sprofondare il Gambia nella guerra civile,  ed è sicuramente  per questo motivo  si  il  presidente Adama Barrow ha richiesto all'Ecowas  che l'esercito senegalese  resti per altri tre mesi all'interno del paese.
Per quanto riguarda Adama Barrow, nonostante le propositive  riforme democratiche promesse durante la campagna elettorale ed in parte già attuate, risulta essere però un fervente alleato della corona inglese a tal punto da avere già  intavolato le procedure per far rientrare il Gambia all'interno del Commonwealth, da cui era uscito nel 2013 su impulso di Yahya Jammeh, che lo aveva definito, in questo caso giustamente, un istituto neo-coloniale. 
Il mese scorso, il Segretario agli Affari Esteri britannico Boris Johnson, famoso per le sue tristi esternazioni sul continente Africano e sul colonialismo, si è recato in Gambia per incontrare il presidente Barrow e discutere delle future relazioni  diplomatiche ed economiche  tra  Regno Unito e il piccolo paese Africano, scatenando malumore a livello mediatico e risvegliando nella popolazione sentimenti anticoloniali che sembravano essere sopiti per sempre, o  che forse avevano lasciato solo il posto a quelli contro il dittatore, Jammeh. Dopo essersi rifiutato di rispondere a tutte le domanda dei giornalisti riguardo le sue visioni sul colonialismo, Johnson ha esternato la sua soddisfazione nel vedere come l'influenza britannica stia tornando ad espandersi, anche nell' Africa Occidentale; dichiarazioni che confermano il tentativo del Regno Unito, specialmente dopo la Brexit, di ricrearsi un aerea d'influenza economiche al di fuori dell'Europa. 
Non dobbiamo certo essere noi a ricordare di quali crimini si macchiarono gli inglesi in Gambia durante il colonialismo, arrivando a trasformare il più piccolo paese dell'Africa continentale nel più grande serbatoio di esseri umani, dove quasi un milione di gambiani furono imprigionati e venduti dagli inglesi come schiavi in Europa, Nord America e Indie Occidentali. Non pensiamo dunque che stringere relazioni con l'imperialismo inglese possa essere un passo in avanti per il popolo gambiano il quale non gioverebbe di nessun benificio da un'ipotetica partnership con il regno unito e dalle conseguenti infiltrazioni capitaliste  che andrebbero a gonfiare le tasche dei soliti investitori stranieri, che vedono in determinate nazioni africane, laddòve è impossibile arricchirsi in altri modi come ad esempio nel campo delle risorse naturali , la possibilità di sviluppare il  business  nel settore turistico, andando quindi ad acquistare a prezzi stracciati interi appezzamenti di terreno in zone incontaminate, che vengono completamente  deturpate  per far spazio a gigantesche strutture ricettive le quali si servono di mano d'opera locale a basso costo, e  che in molti casi restano incompiute a causa del fenomeno della speculazione edilizia. 
Non crediamo nemmeno che la " via elettorale ", seppur sia stata accompagnata da mobilitazioni di massa,  rappresenti una reale soluzione alla crisi gambiana, perchè purtroppo rimaniamo scettici difronte a tutti quei personaggi legati alle logiche di profitto e quindi di sfruttamento, come gli imprenditori, che decidono di impegnarsi in politica. Dunque è un dovere di tutto il proletariato gambiano: operai, contadini, studenti e disoccupati, quello di unirsi e vigilare che il nuovo governo eletto con a capo Adama Barrow, il quale ha promesso che rimarrà al potere per soli tre anni, soddisfi ogni richiesta della popolazione, cercando in questo modo di scongiurare la possibilità che si ripresentino periodi bui come quello di Yahya Jammeh, e allo stesso tempo tentare di impedire che il Gambia diventi un paese alla stregua di governi imperialisti stranieri che non sono certo interessati al bene della popolazione gambiana. Purtroppo nessuna delle organizzazioni politiche  presente oggi nel paese, nonostante la natura progressista di alcune, possono dare una direzione realmente rivoluzionaria, ma siamo sicuri che oggi più che mai, il futuro del Gambia è nelle mani del suo popolo.

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