9.4.18

IL MOVIMENTO CONTRO MACRON IN FRANCIA



Il governo Macron, espressione come altre dell’attuale totalitarismo mondialista del capitale, ha mostrato i denti, e ha fatto capire come intenderà venire in soccorso delle esigenze di padronato e finanza attraverso il riformismo coatto antidemocratico e antipopolare. Nonostante le tesi tanto in voga nel cinguettio mediatico filosofeggiante, che seguono le parole del “marxiano” professor Fusaro, per cui la virtuosa borghesia intellettuale è in via di dissolvimento e vittima tanto quanto la classe proletaria dei disegni macrofinanziari, è bene chiarire che è proprio la stessa borghesia, piccolo e media industriale, che beneficia dei disegni normativi del neolavoro, i quali risultano al tempo stesso essere, chiaramente, utili per la grande finanza e per la gestione della forza lavoro delle multinazionali. In sintesi, del Jobs Act, non ne beneficiano certo solamente aziende appaltatrici di amazon o i grandi industriali della metalmeccanica. Tutt’altro, chi beneficia della possibilità di schiavizzare attraverso i voucher o di assumere con contratti che di fatto risultano essere giornalieri, in quanto il lavoratore può essere spedito a casa dall’oggi al domani, è proprio la borghesia designata dalla visione fusariana come classe attaccata dal sistema della finanza mondialista. Chiarito ciò possiamo riorientare il discorso entro gli assi che ci permettono di individuare nel proletariato la classe realmente attaccata, con coerenza storica peraltro, dal sistema capitalistico oggi nella sua fase liberista più cinica mai conosciuta. Ciò è avvenuto in Italia col governo Renzi ed è ciò che sta drammaticamente spaventando i lavoratori francesi, che ai colpi del governo del presidente Macron hanno saputo rispondere con fermezza, riuscendo a formare sacche di resistenza e di opposizione alle politiche dell’Eliseo. I tre fasci di intervento centrali, che vanno a formare la treccia dell’orientamento delle politiche interne francesi (si esclude dunque in questo articolo tutto ciò che riguarda la politica estera: esportazione armata di democrazia in Africa e Medio Oriente, accordi commerciali appannaggio della solita élite dominante, ecc. ma anche tutto ciò che riguarda la vasta questione migratoria) li possiamo individuare in: Attacco al sistema pubblico del lavoro, con annessa progressiva volontà di privatizzare ciò che ancora risulta essere statale e quindi relativamente appartenente ai cittadini lavoratori e contribuenti (si veda qui l’attacco alle ferrovie SNCF, alla sanità già classista e anche alla funzione pubblica). Attacco al mondo dell’istruzione, dissolvendo il sistema di sussidi, eliminando l’assicurazione sociale (régime de sécurité sociale étudiante), ma soprattutto aumentando le facoltà a numero chiuso e inserendo un doppio livello di selezione per l’accesso all’università. Ciò si riflette nell’aumento degli impedimenti all’accesso al mondo della formazione universitaria, proprio per le fasce sociali più deboli. Tutto ciò premettendo che l’università francese, sulla falsa riga del modello scolastico anglosassone, risulta essere già fortemente classista e discriminante in quanto le università di livello risultano essere le costosissime università private (écoles normales superieures) bacino formativo della classe dirigente. L’ultimo fascio di interventi che compone il ridisegno macronista della società francese è sicuramente meno denunciato quanto più evidente e tangibile, soprattutto agli occhi di un esterno. Si tratta dello stato di sicurezza ad oltranza, indetto per contrastare il terrorismo islamista ufficialmente, ma che di fatto porta alla militarizzazione e al graduale assorbimento abitudinale della sorveglianza totale e normalizzata, assunta come dato di fatto dalla popolazione. Se presi nel loro insieme, questi tre elementi di violenza politica esercitata dal neo governo francese, ci permettono di designare il quadro distopico che si prospetta per la Francia nel tempo a venire. Ciò è la cifra dell’orientamento della prossima condotta dei governi valida presumibilmente a livello globale. Per riflettere sul comportamento del potere in seno al capitale, è utile patire proprio dall’ultimo punto che compone la nostra treccia d’analisi, la Sorveglianza. Ci si può rendere conto, più che nelle nostre città italiane, e questo lo affermo con stupore, dell’inquietante livello di allarmismo. Questa ridondanza lessicale è tesa proprio a trasmettere il clima in cui i cittadini francesi si stanno adeguando a condurre le loro vite. I mitra spianati e le tute militari li possiamo incrociare quotidianamente, ma questo può risultare relativamente normale in quanto sta diventando abitudine consolidata anche in Italia. La cosa che impressiona maggiormente è l’inserimento panottico del controllo in ogni ambiente pubblico. Ad esempio, l’ingresso alle università è presidiato da vigilantes, per altro spesso imbarazzati per il ruolo che si trovano a svolgere, che non permettono l’accesso prima di aver controllato capillarmente lo zaino di ogni studente che entra. Tale pratica, destinata a proteggere i luoghi pubblici dal terrorismo di matrice islamista, fa paura non tanto nella sua dimensione repressivo/controllante, ma nell’indifferenza aberrata, generata negli studenti, che regolarmente restano indifferenti di fronte alle perquisizioni che antecedono l’ingresso alle facoltà. Questa drammatica assunzione di normalità da parte della società civile rispetto alle misure antiterrorismo che diventano di fatto antagoniste delle più basilari libertà individuali, è la cifra della riuscita del graduale ridisegno distopico della società da parte del potere, che non si fatica a paragonare ad un orwelliano “1983” attualizzato. È proprio attraverso il riflesso delle misure antiterrorismo sulla sorveglianza ordinaria, alla quale l’intera società risulta essere sottoposta, che si può rilevare la dinamica di orientamento degli eventi da parte del potere, che li utilizza su un doppio livello. In primo luogo vi è la tendenza all’autoassoluzione da qualsiasi possibilità di colpevolezza, e qui basterebbe girare un attimo nelle banlieue parigine e nelle ZUP (Zone Urbane Prioritarie) delle diverse città francesi per rendersi conto della responsabilità del potere, che anni addietro ha svolto il ruolo di realizzatore del confinamento delle comunità arabe francesi attraverso le soluzioni dell’urbanistica, che oggi risultano essere corresponsabili della radicalizzazione dei francesi di seconda e terza generazione. In seconda istanza il potere si designa come unico e imprescindibile portatore di giustizia, esercitata attraverso l’ormai ordinaria repressione coercitiva e sorveglianza ordinaria. Questa attitudine al controllo assimilato, si sviluppa parimente all’altra porzione dell’intervento macronista che tanto ricorda le misure renziane, misure che oggi umiliano lavoratori e studenti in tutta Italia, col reinserimento dello sfruttamento minorile come prassi scolastica attraverso il sistema dell’alternanza scuola-lavoro, e con la precarizzazione di qualsiasi forma di lavoro sottoposto. È così che anche in Francia, mondo dell’istruzione e lavoro pubblico vedono convergere nella drammatica dissoluzione delle loro funzioni la loro essenza, condotta in quello che è il processo di aziendalizzazione o finanziarizzazione del totale, anche di ciò che fino a poco tempo fa non avremmo mai potuto immaginare potesse essere intaccato dalle priorità dell’economia sulle esigenze sociali. Se da un lato, come già è stato anticipato, i pochi baluardi ancora sotto il controllo statale, quali ospedali e ferrovie, vengono attaccati nel tentativo di ridurre il servizio a merce, di cui i padroni saranno gli unici beneficiari, parallelamente la progressiva distruzione della scuola pubblica, ancora relativamente libera e accessibile, viene attaccata nel tentativo di disintegrarla e di renderla mero strumento di selezione e condanna del meno capace. L’inserimento del numero chiuso (prassi che in Italia è peraltro già stata digerita e assimilata da anni), risulta essere il faro d’allarme della limitazione alla possibilità di accedere equamente alla formazione. Secondo il celebratissimo criterio del merito, che di fatto assegna, a chi ha già una predisposizione e una formazione individuale, la possibilità di studiare e di emanciparsi, si afferma, per chi invece in virtù dell’inevitabile paragone competitivo, non risulta essere abbastanza all’altezza, o semplicemente risulta irrimediabilmente inferiore allo studente concorrente più meritevole, una condanna alla miseria intellettiva. Ciò dimostra come il criterio meritocratico introdotto nei sistemi selettivi non determini di fatto una selezione, quanto piuttosto una preclusione, risultando per ciò stesso criterio criminale e vigliacco. A ciò va sommata la riduzione della formazione a unico strumento per il lavoro, inutile nella sua funzione storica, che la vedeva mezzo di emancipazione intellettiva. Questa funzione storica dell’istruzione risulta essere all’antipodo dell’odierna concezione dell’università, considerata come strumento profittuale individualistico, utile nella misura in cui può concorrere a produrre maggiore ricchezza per l’individuo. La riduzione dunque del percorso scolastico a competizione tra studenti, riflette ciò che la società adulta pare voler comunicare: “Basta cooperazione! Basta mutualismo! Che i deboli crepino nella loro miseria e che il meritevole domini in virtù della propria superiorità!” È allora vero forse che quello che stiamo vivendo è sì più che mai un totalitarismo olistico. È il più feroce dei totalitarismi storicizzati, e la sua ferocia sta proprio nella sua non visibilità e nel suo laissez faire, che pare tanto bello e democratico. Ciò che è sicuro è che siamo liberi quanto pesci in un acquario e che solo la rivoluzione può essere fonte di rottura delle pareti di vetro che circondano la nostra esperienza. È proprio in virtù della coordinazione delle politiche padronali capitalistiche sul piano internazionale che dobbiamo rispondere con fermezza attraverso la coordinazione di lavoratrici e lavoratori di tutto il mondo. Esprimiamo così la più totale solidarietà alle lavoratrici e ai lavoratori, agli studenti e alle studentesse, ai proletari e alle proletarie francesi e italiani. Per la rivoluzione internazionale. 

Lorenzo Brunello

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